I conquistatori dell'inutile: Dalle Alpi all'Annapurna (Italian Edition) by Lionel Terray

I conquistatori dell'inutile: Dalle Alpi all'Annapurna (Italian Edition) by Lionel Terray

autore:Lionel Terray [Terray, Lionel]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B0727Q96QT
editore: Hoepli
pubblicato: 2017-04-25T22:00:00+00:00


1. Terray allude al tragico salvataggio di Vincendon ed Henry (dicembre 1956), raccontato nel volume di Yves Ballu Naufragio sul Monte Bianco, pubblicato in questa stessa collana [N.d.r.].

Il mestiere di guida

La prima ripetizione della Nord dell’Eiger segnò il punto culminante della mia attività nelle Alpi. In seguito diedi meno importanza alle salite fatte per mio divertimento e mi dedicai quasi completamente al mestiere di guida alpina, sforzandomi di compiere nei più disparati massicci le salite più difficili possibili. Soltanto qualche anno più tardi ebbi la fortuna di poter ricominciare un’importantissima attività alpinistica senza clienti, partecipando a otto spedizioni extraeuropee, durante le quali riuscii a scalare alcune montagne durissime nelle Ande e nell’Himalaya.

Anche se su un piano minore, Lachenal mi imitò su questa strada. Già subito dopo la Walker ci eravamo accorti, anche se in maniera confusa, di essere arrivati a un livello di allenamento, di perfezione tecnica e di determinazione troppo alto perché le Alpi potessero ancora offrirci imprese in grado di soddisfare il nostro ideale di costante superamento di noi stessi e di ricerca di avventure grandiose.

Dopo la nostra salita all’Eiger, riuscita a dispetto del cattivo tempo e delle cattive condizioni della parete, la cosa divenne evidente. Avevamo scalato le più alte e le più difficili vette delle Alpi; restando in questa regione, diventata troppo stretta per noi, non potevamo sperare di trovare altri ostacoli più impegnativi. L’ho già scritto da qualche parte: «Per far rivivere l’avventura bisogna che la montagna si elevi all’altezza dei suoi conquistatori».

Ormai le montagne d’Europa potevano solo più offrirci una forma di turismo sportivo oppure dei semplici esercizi di virtuosismo tecnico. A noi, che cercavamo di soddisfare aspirazioni che andavano al di là del piacere estetico o della pratica di un nuovo tipo di ginnastica, restava soltanto la strada di cambiare le regole del gioco, misurandoci in solitaria con le pareti più dure o attaccandole nel pieno dell’inverno. Senza dubbio le grandi montagne del mondo – che saranno sempre all’altezza dei più arditi conquistatori – ci offrivano una prova consona ai nostri desideri, ma senza soldi come avremmo potuto attraversare gli oceani e i continenti?

Lachenal ed io eravamo degli “occidentalisti” convinti: per noi l’alpinismo era la scalata di montagne e pareti dove il ghiaccio e la neve si alternano alla roccia; per noi questo mondo fatto di elementi contrastanti, dove l’accecante riflesso della neve e lo scintillio dei ghiacciai creano un’atmosfera magica, esercitava un’attrazione seducente.

Le grandi pareti prive di ghiaccio e neve invece ci sembravano troppo monotone sia per il colore uniforme, sia per la mancanza di varietà nei problemi. Nessuno di noi due aveva mai amato i massicci non molto elevati, e a stento riuscivamo a considerarli come una “montagna”. Secondo noi il “dolomitismo” aveva poco a che fare con l’alpinismo; e questo, nonostante fossimo degli eccellenti rocciatori e l’avessimo dimostrato sulla Walker. Lo stile di Lachenal su terreno delicato era veramente eccezionale. E così le salite sia su misto che solo su ghiaccio ci entusiasmavano molto più delle vie di roccia, soprattutto quando queste comportavano numerosi passaggi in artificiale, esercizio da noi detestato.



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